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La beffa del bonus mamma, Inps: "Tantissime lo chiedono" ma ancora non c'è
Dal primo gennaio 2017 in Italia avrebbe dovuto essere attivo il bonus "Mamma domani", o semplicemente "bonus mamma": 800 euro una tantum destinati a tutte le donne che partoriranno o che adotteranno un figlio nel corso del 2017. Come ha raccontato ieri un'inchiesta di Repubblica, a quasi tre mesi dall'inizio dell'anno il bonus mamma non esiste ancora. Sul sito dell'INPS, l'ente incaricato di distribuire in questo modo circa 600 milioni a 750 mila famiglie, le comunicazioni sono scarse; gli operatori del call center rispondono a chi ne fa richiesta di comportarsi come se il bonus non ci fosse.
Il problema, scrive Repubblica, è che a causa di lungaggini burocratiche e un certo disinteresse da parte dei ministeri competenti, i dettagli del bonus (a chi spetta, quali documentazioni bisogna presentare per ottenerlo) non sono stati delineati in tempo e quindi, nonostante il denaro sia già stato stanziato, per il momento non è possibile riscuoterlo e probabilmente non sarà possibile prima del prossimo luglio.
Il bonus "Mamma domani" era stato annunciato per la prima volta lo scorso settembre dal ministro per gli Affari regionali con delega alla famiglia, Enrico Costa, che fa parte di Alternativa Popolare. Nelle settimane successive il bonus venne inserito nella legge di stabilità e rivendicato con forza come uno dei successi ottenuti dal partito guidato da Angelino Alfano. Il 5 gennaio Enrico Costa presentò ufficialmente il bonus in una conferenza stampa. Repubblica ha scoperto che proprio in quei giorni Tito Boeri, presidente dell'INPS, l'istituto che dovrebbe occuparsi di erogare il bonus, inviò una lettera al ministero per avvertirlo dei problemi che il suo istituto aveva nel mettere in pratica il bonus.
La legge, infatti, è molto breve: appena una decina di righe in cui si specifica l'entità del bonus, 800 euro, e chi ne ha diritto: le mamme che nel corso del 2017 completano il settimo mese di gravidanza: «Troppo generico da tradurre in pratica», scrive Repubblica: «Che certificati bisogna presentare? Le cittadine straniere ne hanno diritto?». Nella lettera che Boeri ha inviato al ministro, lunga tre pagine, sono elencati tutti i problemi della norma e viene spiegato che, una volta chiariti questi aspetti, ci vorranno come minimo tre mesi per mettere in piedi la piattaforma informatica che servirà a registrarsi per ottenere il bonus.
Le precisazioni richieste, scrive Repubblica, sono arrivate soltanto alcune settimane dopo la lettera di Boeri. L'INPS ha iniziato i lavori sulla piattaforma, ma ai primi di marzo dal governo sono arrivate altre richieste di modifiche: per esempio venne deciso che il bonus andava raddoppiato in caso di parto gemellare. Per questa ragione i lavori sulla piattaforma sono dovuti ricominciare daccapo. Interpellata da Repubblica, l'INPS ha detto che si potrà cominciare a fare richiesta per il bonus dai primi di maggio. A causa dei ritardi accumulati in questi primi tre mesi e dell'elevato numero di dichiarazioni che si prevede che arrivino, i primi bonus saranno probabilmente approvati due mesi dopo, nel luglio di quest'anno.

Call Center, nuove regole dal Ministero
Con l'ultima legge di stabilità approvata dal Parlamento sono state introdotte nuove norme per il funzionamento dei Call Center: le nuove regole, applicabili indipendentemente dal numero dei dipendenti di ogni società, riguardano ora una platea più ampia di soggetti operanti nel settore e prevedono sanzioni più elevate in caso di violazione delle norme.
Iscrizione al registro
A partire da gennaio 2017, tutti gli operatori economici che svolgono attività di Call Center devono iscriversi al Registro degli operatori di comunicazione tenuto dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, fornendo tutte le numerazioni telefoniche utilizzate per il servizio e messe a disposizione del pubblico.
Delocalizzazione
Novità anche per quanto riguarda la delocalizzazione delle attività: a partire dal 1 gennaio 2017 l'utente che effettua o riceve una chiamata ha il diritto di sapere preliminarmente in quale Paese si trova l'operatore che la gestisce.
Dal 1 aprile 2017, ogni operatore collocato in un Paese extra UE dovrà offrire subito all'utente la possibilità di trasferire la chiamata a un collega che si trova in territorio nazionale o in un Paese UE.
Il governo ha inoltre stabilito che, in caso di volontà di localizzare le attività di Call Center in un Paese extra UE, l'operatore economico ha l'obbligo di darne comunicazione, almeno 30 giorni prima del trasferimento, alle seguenti amministrazioni:
* Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché Ispettorato nazionale del lavoro
* Ministero dello sviluppo economico
* Garante per la protezione dei dati personali.
Per chi ha delocalizzato l'attività di Call Center in tali Paesi prima del 1 gennaio 2017, il termine ultimo per darne comunicazione è stato il 2 marzo 2017.
Responsabilità
Arriviamo infine al capitolo responsabilità e sanzioni: da quest'anno chi affida il servizio a un Call Center esterno sarà responsabile in solido con il soggetto gestore (responsabilità solidale). Le nuove sanzioni previste dal governo arrivano a un massimo di 50.000 euro per ogni giornata di violazione delle norme, e fino a un massimo di 150.000 euro per ogni comunicazione omessa o tardiva.

Pirelli lancia la gomma connessa
Pirelli Connesso consiste in un sensore inserito nell'incavo della gomma collegato al cloud Pirelli e ad un'app per smartphone che fa da interfaccia per l'automobilista e permette a quest'ultimo di comunicare costantemente con il pneumatico. Il sensore, il cui peso di pochi grammi è ininfluente sulle prestazioni della gomma, misura continuamente lo stato di funzionamento di ciascun pneumatico e trasmette le rilevazioni a una centralina elettronica e al cloud Pirelli, che insieme costituiscono il vero cervello del sistema. É in questa fase che avviene l'elaborazione dei dati che vengono poi convogliati verso l'app dell'utente finale.Il sistema Pirelli Connesso nella sua prima release riconosce il codice identificativo del pneumatico (registrandone lo stato di servizio dalla fabbrica al riciclo a fine vita) e misura pressione e temperatura delle gomme anche a veicolo fermo, il carico verticale statico, l'usura del pneumatico e il numero di chilometri percorsi e, in una successiva versione, anche una stima dei chilometri ancora percorribili con quelle coperture, oltre a fungere da manometro elettronico in fase di gonfiaggio, dando i valori esatti e reali di pressione, senza necessità di attendere che le gomme si raffreddino. Inoltre, il sistema Pirelli avverte con degli alert l'automobilista quando la pressione di uno o più pneumatici è troppo bassa o quando si è prossimi al limite di usura. In entrambi i casi, l'app individua le officine più vicine e disponibili e può prenotare direttamente un appuntamento per la messa a punto della pressione o pre-ordinare i pneumatici per la sostituzione, riducendo così i tempi di attesa.

LICENZIATA PERCHÉ MANGIÒ UN PANINO A LAVORO: RIASSUNTA DOPO 5 ANNI
Ci sono voluti cinque anni prima di ottenere di nuovo il proprio lavoro. È questa la vicenda che ha colpito una donna dipendente di un supermercato di Giulianova, provincia di Teramo. Quella arrivata dalla Cassazione prima e dalla Corte di Appello dell'Aquila dopo, è una sentenza quasi inaspettata, come sottolineato da l'Espresso, in quanto le prime due erano state negative. Adesso, dopo cinque anni disoccupata, la donna, oggi 57enne, si è vista riconoscere dai giudici i propri diritti e dunque sarà reintegrata nel supermercato di Giulianova dove aveva lavorato per 14 anni prima di essere licenziata. Ma perché la signora fu licenziata? Ricostruiamo i fatti.
Come spiegato da l'Espresso, era l'8 agosto 2012. La dipendente, durante l'orario di lavoro, prese dal suo reparto una confezione di salmone, un panino e una bibita. La donna consumò tali prodotti; tuttavia, secondo quanto dichiarato dai responsabili del supermercato, non volle pagarli. Preso atto della situazione, il giudice del lavoro appoggiò la tesi dei dirigenti e concordò il licenziamento della dipendente con l'accusa di «sottrazione di beni aziendali». La questione non finì qui. La difesa si espresse subito in merito alla sentenza: «Anche dall'istruttoria è emerso chiaramente che la lavoratrice ha prelevato i prodotti senza nascondersi o occultarli e li ha consumati davanti a tutti: tant'è vero che è stata subito vista dai responsabili aziendali e ha gettato le confezioni nello stesso cestino del bancone dove lavorava, dove tutti quindi potevano vederle e trovarle, mentre se avesse voluto occultarli li avrebbe certamente fatti sparire in altro modo. E avrebbe pagato a fine turno. Questa decisione è abnorme, eccessiva e sproporzionata. Al massimo si poteva comminarle una multa».
Dopo cinque anni è arrivata la svolta. La Cassazione ha ribaltato tutto e ha riconosciuto alla donna i suoi diritti e la Corte di Appello dell'Aquila ha confermato tale sentenza: «Non c'è stata nessuna appropriazione nel luogo di lavoro di beni aziendali. In mancanza di ulteriori elementi, deve darsi necessario rilievo al modestissimo valore della merce consumata, ma soprattutto alla storia lavorativa della dipendente che, pacificamente, nel corso di quattordici anni, non è stata mai oggetto di alcun richiamo disciplinare». Inoltre, è stato sottolineato che «la vicenda nel suo complesso è avvenuta alla luce del sole».
Il fatto si è concluso nei migliore dei modi. Ciò nonostante non è la prima volta che accade qualcosa di simile, e spesso succede nei confronti delle donne. Basti pensare a quanto accaduto a Daniela Gori, dipendente da 13 anni di un punto vendita Conad a Livorno, licenziata per aver preso un sandwich dal banco della gastronomia. Questo portò a scioperi dei colleghi e alla mobilitazione del sindacato USB, ma ciò non bastò per farla riassumere. Purtroppo, in Italia accade anche questo: essere licenziati per un panino.

TIM: Modifica delle condizioni del contratto
A seguito delle mutate condizioni del mercato e a fronte dell'esigenza di allineamento delle nostre offerte al contesto competitivo, e per venire incontro alle richieste dei nostri clienti, a partire dal 1 aprile 2017, le fatture non saranno più mensili ma verranno progressivamente emesse ogni 8 settimane; inoltre il corrispettivo degli abbonamenti delle offerte e dei servizi sarà calcolato su 28 giorni e non più su base mensile.
Per effetto delle suddette modifiche contrattuali, si determinerà un incremento del costo delle offerte pari all'8,6% su base annua e al tempo stesso il minor numero di fatture porterà un risparmio fino a 20 euro all'anno (se ricevi ancora la fattura cartacea e utilizzi i bollettini postali come strumenti di pagamento).
Precisiamo che l'offerta "Voce" e gli abbonamenti con agevolazioni economiche sulla linea telefonica ("Riduzione superiore al 50% dell'importo mensile di abbonamento al servizio telefonico" e "Agevolazione Social Card") beneficeranno di una riduzione di prezzo dei relativi abbonamenti in modo tale da garantire nessuna variazione di spesa.
Qualora non intendessi accettare la variazione sopra indicata, ai sensi dell'art. 70, comma 4 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, hai il diritto di recedere dal Contratto, o di passare ad altro operatore, senza costi, dandone comunicazione scritta entro il 31 marzo 2017 a TIM, all'indirizzo postale indicato sulla fattura e sulla Carta dei Servizi o via fax al numero gratuito 800.000.187 specificando come oggetto: "modifica delle condizioni contrattuali". Per tale comunicazione è necessario allegare una fotocopia del documento d'identità del cliente titolare del contratto da cessare.
Qualora decidessi di recedere e alla linea interessata dalla presente proposta di modifica fosse associato un contratto per l'acquisto rateizzato di un prodotto in corso di vigenza oppure nel caso in cui sia in corso il pagamento rateale del canone di attivazione, le rate residue saranno addebitate in un'unica soluzione oppure potrai continuare a mantenere attiva la modalità di pagamento rateale, comunicandocelo per iscritto nella medesima comunicazione di recesso.